venerdì 31 agosto 2007

Vento


Io adoro il vento caldo.
Lo scirocco, quando gioca con me.
Il vento caldo non si cura di star fermo e tocca.
E scopre e scompiglia ogni cosa.
Salto.
È selvaggio il mio salto…è selvaggio il tuo vento.

martedì 28 agosto 2007

Castellabate - Federico II vento di Soave tra suoni e voci mediterranei




Il posto è bellissimo e la serata è splendida. È una notte di luna piena: è fine agosto, il 27, siamo nel cuore del Cilento a Castellabate, nel cortile interno del Castello Medioevale.
Ad accoglierci c‘è una musica rilassante e torce per illuminare questa notte stellata. Notiamo con piacere che non c’è il palco, la scenografia consiste in un letto, due quinte blu e un tendaggio leggero, bianco, quasi trasparente che si muove al vento.
Siamo qui, tra le sedie messe a semicerchio per assistere allo spettacolo teatrale “Federico II vento di Soave” regia di Antonello Santarelli con la Compagnia Teatro Zeta e Manuele Morgese, che ha scritto anche il testo.
Tornano alla mente i versi del Paradiso di Dante:
« Quest'è la luce della gran Costanza
che del secondo vento di Soave
generò il terzo e l'ultima possanza. »
con il riferimento al fatto che Federico fu il terzo ed ultimo imperatore svevo.
Lo spettacolo si svolge nell’ambito della Manifestazione “Suoni & Voci Mediterranei”, che è giunta alla sua quarta edizione.
La visione è gratuita ed ha l’alto patrocinio del Ministero dei Beni Culturali settore Spettacolo.

Il padrone dello spettacolo, al nostro arrivo, è il vento caldo, che scompiglia i lunghi tendaggi bianchi e, per dispetto, spegne alcune torce. Questo rende tutto suggestivo. Il buio non c’è: è rischiarato dalle stelle, e dalla sfera perfetta di una luna bassa, che di là del perimetro del castello, biancheggia nel cielo, nascondendosi al nostro sguardo.
Al nostro arrivo, verso le 21: 30, ci sono poche persone; poi a mano a mano, un pubblico distinto e silenzioso si accomoda sul semicerchio di sedie.
All’inizio dello spettacolo, poco dopo le 22:00, il cortile è pieno: qualcuno resterà in piedi durante lo spettacolo.
Nella luce del plenilunio, prima che abbia inizio lo spettacolo, notiamo che in scena non ci sono microfoni ed anche questo ci piace.
Le luci, adesso spente, sono montate su due alti piedistalli ed il loro impatto in scena è discreto. A delimitare lo spazio scenico ci sono candelabri che il vento spegne.
Lo spettacolo ha inizio: una ragazza, illuminata da una luce bianca, c’invita a spegnere i cellulari e a rispettare il silenzio il più possibile, poiché gli attori non saranno amplificati.

Incensi, candele e abiti monacali s’aggirano in una scena semibuia. La qualità della musica è eccellente. I movimenti, resi poco chiari dalla scarsa illuminazione, sono molto affascinanti.
Lo spettacolo acquista il suo ritmo ed in scena si alternano i cinque attori: alcuni rivestono più ruoli, altri interpretano un solo personaggio.
Ci aspettavamo uno spettacolo storico ed assistiamo ad una storia d’amore di taglio piuttosto classico.
La trama dello spettacolo ci narra dell’amore contrastato tra Federico e Bianca Lancia.
Secondo una leggenda, che fu tramandata da padre Bonaventura da Lama e ripresa dallo storico Pantaleo, durante la gravidanza di Bianca, Federico la tenne rinchiusa in una torre del castello di Gioia del Colle, perché la credeva adultera. La Principessa non poté resistere all’umiliazione; vinta dal dolore, si tagliò i seni e li inviò all’imperatore su di un vassoio d’argento assieme al neonato. Federico la raggiunse e la trovò moribonda. La donna gli chiese allora di legittimare il figlio, Manfredi, e di sposarla e ciò avvenne in punto di morte.
L’uomo che avrebbe amato Bianca Lancia era Pier delle Vigne.
Una storia a tre: lui, lei, l’altro.
Forse Federico II, lo"Stupor Mundi", avrebbe meritato di più.
Lo spettacolo ci riempie di belle musiche, giochi semplici ed efficaci di luci, ben studiate, che creano splendide immagini, quasi quadri pittorici; voci dal vivo e belle registrazioni, eseguite magistralmente, ci regalano una bella serata. Un gran plauso va al service fonica-luci, la cui bravura è stata necessaria alla buona riuscita dello spettacolo. Gli abiti sono curati, alcune immagini sono rese spettrali dall’uso sapiente dei tendaggi, che diventano elemento dominante della scena. Il vento continua a giocare con i drappeggi, rendendo un gran servigio al successo dello spettacolo.
Ci aspettavamo il bel Morgese a dorso nudo e lo abbiamo avuto, come sempre, stavolta era ben illuminato e bagnato in una catinella per il bagno settimanale dell’imperatore, malcelato dal tendaggio, che il vento clemente ha sollevato.
Bravissimo l’attore che interpretava il giullare, del quale, purtroppo, al momento dei saluti, non è stato fatto il nome e che assieme agli altri non è stato presentato ad un pubblico attento e discreto.
Milena Esposito.

martedì 21 agosto 2007

Saturnia del pero


Saturnia di notte con ampio sbattito smuovi l’aria ed il fuoco della mia torcia tremula.
Sul petto ti apri e poi muori, dopo aver ripreso il mio pulsare, dopo averlo interrotto, dopo aver tolto spazio alla luna indecente.

giovedì 16 agosto 2007

Moleskine

Uno sbuffo di vapore arancione svolazza nel tramonto.
Due farfalle, avanti e indietro, si rincorrono, mantengono la stessa distanza: vanno via.

sabato 11 agosto 2007

vai 'e presse?


Era col sorgere di un nuovo orizzonte che tramontava la salda idea di un mondo che stava fermo; senza girare come una palla, perché poi, se girano, le palle, sono guai grossi. Era stato Dante a metterla sul piedistallo e tutti potevano, da sotto, ammirarla molto meglio.
Questo Stilnovo, poi col tempo fu in voga pure con le cubiste nelle discoteche, vere discariche delle orecchie trombate del ventesimo secolo, vera manna per gli otorini, come i pantaloni a vita bassa per gli urologi. Ma ciò che risolse le sorti dei dermatologi furono, al di sopra d’ogni dubbio, i tatuaggi ed i piercing. Se facciamo un passo indietro e svoltiamo a destra, per poi immetterci sulla statale, sicuramente ci accorgiamo che la terra è rotonda, senza accanirci con l’ANAS, che cerca di rendere un servizio che ci va a quel servizio e brucia un po’. Da lì, quando non c’è traffico, si può fare anche la considerazione “eppur si muove”, sempre che la macchina non ci lasci per strada. E che a piedi il mondo ci sembra diverso.
E che alla fine del mondo ci fosse un nuovo continente non è una novità, ma che Bramante, pur bramando, non vi era mai stato, forse fa la differenza, come fa capire chi è veramente sulla rotta delle Indie, anche perché chi l’ha rotta? Se la rotta è rotta, è inutile prendersela col vicino di casa, che magari ha i suoi problemi con Lutero, che inventava un Nuovo Testamento e in verità continuava a protestare mandandolo pure all’inferno. Ma sia un po’ indulgente con le indulgenze! Che poi mi sembrano un pretesto questi protesti.
C’è chi ha i prestiti e chi si fa prestare la moglie dell’amico. Che poi finiamola con questa storia dell’amicizia! Che non mi si venga a dire che c’è tanta differenza tra la rotta e L’utero: è solo una questione di affrontare i problemi in profondità. Che mi sento un po’ pressato ultimamente. Sarà forse stato Gutenberg con le presse a Norimberga, ma avere tutti quei caratteri e nemmeno un caratteriale, con tutto quello che succede, ci vuole carattere per imprimere un segno indelebile. Indelebile poi sulla carta. Eh, si fa presto a dire sulla carta, bisogna vedere in pratica. In pratica il periodo che sto attraversando, mi porta a guardare con sospetto un pezzo di formaggio e a chiedermi con insistenza non sei né carne né pesce, ma allora che sei?
Che il periodo che sto attraversando a volte a piedi, a volte in macchina o in treno, non mi porta da nessuna parte. Parte pure lui, quel tale, Cristo, mi pare si chiami Cristo, di cognome Piccione, no, Palumbo, ma no…l’ho sulla punta delle dita…ah sì, Cornacchia, Cristo Cornacchia. Quello che avrebbe dovuto dare il nome all’America, ma che invece credeva di andare in India. Per fare il giro del mondo, che se è rotondo appunto ciack, si gira! Una storia dell’altro mondo. Se l’America si fosse chiamata Cornacchiola e se tutti gli Scornacchiati avessero invaso il mondo e rotto le palle all’universo intero, sarebbe stata tutta un’altra storia.
Una storia diversa. Che poi, chi l’ha inventato il cellulare?
Conosciamo meglio quello che inventò il telefono, che pure è storia vecchia. La nuova storia ancora non fa storia, né la leggi sui libri di testo, che testo non hanno fatto mai. Non fai testo testo!
Leggi, studia, ma ci pensi? A stare senza presse? E che mi sentirei molto meno pressato di come mi sento. Una vita senza presse.

mercoledì 8 agosto 2007

Color borotalco


Quando le donne, le sole mamme, vanno a dormire, devono avere il coraggio di sbarrare le persiane sui sogni dei loro bimbi. Intanto, le nuvole spumose sospinte dalla brezza, che di notte spira verso la terra dal mare, passano in cielo, silenziose, una diversa dall'altra, a mille a mille. La luna le fa brillare dall'alto, diventano latte e si mutano in sogni. Fantasmi vagano nel cielo come il bucato abbandonato sulla fune, dimenticato nella notte. Sono fantasmi buoni: rasserenano. I bimbi, tra cuscini e coperte, dormono nel nido preparato dalla mamma o da chi li ama e con occhi chiusi possono immaginare il muto passeggio.
Per ogni nube ci sono voluti mille milioni di secoli di lavorazione e mai il tempo è stato speso meglio! Una di color borotalco appare al piccolo Giulio, che non conosco e che dorme. Una ha la forma di ciambella e profuma di zucchero filato ed è venuta per lui, il bimbo più dolce del paese, mio figlio. Ne vedo una a forma di piuma slanciata, coricata come una sirena accanto al mare, brilla e si spazzola la chioma lunga e rossa, bellissima; la vede, in sogno, una bimba che oggi ha pianto. Viene la nuvola traforata come un merletto per il piccolo Giuseppe, la nuvola azzurra per Martina, la nuvola piccola per Stefania e una di bolle di sapone per il bambino del fornaio; tutti dormono. Però non vedo quelle per i grandi, per le mamme e per i papà e per la maestra ed il dottore, per lo zio e per il salumiere e per tutti quelli che sì son dimenticati di sognare.
Stanno con gli occhi stretti, sdraiati, nelle pose strambe e sconce, tappati nella puzza delle stanze, disdegnano le meraviglie. Nella testa hanno i pensieri dei problemi e dei soldi e delle tasse e della politica e della cattiveria. Pure le mamme ed i papà, poveri cari…A volte però, una nuvola argento e oro, scappa dal sogno dei piccoli e vaga illuminando le stanze e profumando l’aria di zucchero, cannella e borotalco e caramello e cipria ed anche i grandi al mattino hanno memoria di una briciola di benedetta infanzia.