venerdì 5 ottobre 2007

Corbezzola



Corbezzola

La prima impressione che si ha di Corbezzola è quella di una tavolozza di un pittore. Ma una tavolozza servita per dipingere un quadro d’autunno e quindi sporca di giallo, di arancione e di verde marcio o di salvia e di ocra e di dorato e di rosso.

La prima volta ci arrivai che pioveva. La pioggia rendeva tutto diverso.

Il rosso e il giallo erano liquidi. La città appariva sospesa su una coppa d’acqua e lì si rifletteva.

Ogni cosa era il suo doppio e le case a grappoli si potevano rimirare nel bagliore della pozza mai ferma per il cadere delle gocce.

Il ticchettio rendeva tutto allegro e dalle case i più piccoli uscivano utilizzando grandi passerelle a forma di lanceolate foglie.

Tutti i bambini portavano lunghe tuniche a corolla gonfie come palloncini. Scendendo si macchiavano gli abiti vaporosi e bianchi, ricchi di balze e di pizzi.

Sugli usci delle case le mamme restavano a guardare.

Loro erano abbottonate in abiti simili a quelli dei figli, ma di una tinta crema ed avevano il viso rosso e paffuto.

Le mamme di Corbezzola erano famose nel Cilento per l’indulgenza e la dolcezza.

Le case, vi dicevo, erano appese al verde e avevano per malta quel colore rosso-arancio delle tonache dei monaci buddisti.

Gli intonaci erano grezzi e spessi, a grana doppia.

Tutta la città di Corbezzola ricopriva un territorio enorme, tanto da poterla definire la capitale del Cilento.

S’inerpicava per colline e precipitava in burroni. Arrivava giù fino al fiume Solofrone, confinava con Cicerale e Giungano, costeggiava Finocchio, Ogliastro, Eredita.

La città era sorvolata da grandi foglie, in realtà, direi che Corbezzola era immersa in un bosco.

Si arrivava percorrendo solo grandi strade in salita o risalendo il fiume.

In quel giorno di pioggia lo spettacolo era inusuale.

I bambini, dicevo, scendevano verso l’acqua e lì si rimiravano dalle barche a forma di foglie.

La cosa era che per ogni immagine di bimbo corrispondeva una cosa diversa dal sé.

Questo, certo, può apparire ben strano, ma in realtà era davvero attraente.

Le mamme dall’alto delle loro case, chi alla porta, chi affacciata alla finestra o al balcone, seguivano con attenzione l’immagine riflessa dei propri figli.

Se il bimbo era magro appariva, sì, magro, ma diverso, se era alto poteva restar alto o diventarlo ancora di più, ma comunque quella immagine ne rendeva storti il viso o gli occhi, o il sorriso.

Poi nel riflesso cambiavano le tinte di quei piccoli personaggi, i colori dei capelli o l’iride degli occhi o l’incarnato della pelle.

Una cosa era certa: ai piccoli, quella metamorfosi piaceva.

Voglio essere proprio così. Ripetevano l’un l’altro.

Mi piace questa faccia qui! Urlavano dal basso alle mamme e le mamme sorridevano.

Per guardarsi meglio si sporgevano sul pelo dell’acqua e avvicinavano il viso il più possibile.

Dall’alto le mamme chiacchieravano tra loro beatamente.

Poi, d’improvviso, la pioggia finì.

Le nubi furono spazzate via e…l’arcobaleno fece la sua comparsa.

Allora davvero a Corbezzola si fece festa!

Prima che l’acqua s’asciugasse, ogni bimbo rubò al proprio riflesso la nuova immagine di sè e dalle case le mamme scesero a dorso dell’arcobaleno, ruzzolando con le gambe all’aria e col viso ancora più rosso. Tutti gli uomini tornarono dal bosco portando selvaggina o funghi o fiori.

Ogni casa gialla diventò rossa e le rosse marroni e le marroni caddero dall’alto provocando gran tonfi e gran risate e tutti insieme si misero a pigiar quelle palle brune e ne ricavarono un vino profumato e forte e brindarono, brindarono fino alla notte.

In realtà siccome con la pioggia la città aveva nell’acqua il suo duplicato, le case che s’erano trasformate in vino, non so bene, se proprio per effetto del veder doppio che il vino dà, erano ancora lì, penzolanti nel buio con le luci accese e le porte aperte.

Gli uomini, le donne, i bambini, cantando, risalivano lenti utilizzando le grandi strade.

E le mamme ed i papà portavano a casa i bambini diversi, ma non più trasformati da come lo sono i nostri quando crescono.

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