venerdì 21 settembre 2007

Baccanalia


Baccanalia

C’è qualcosa di più perfetto d’un grappolo d’uva?

Se osserva con attenzione, guardando i chicchi di polpa giallo oro o blu violacei, più chiari o più scuri, grandi o piccoli, rotondi o lunghi, opachi o più spesso limpidi, come le uova di serpente, chi ebbe la fortuna di vedere Baccanalia, come me, non può fare a meno di farsela tornare in mente.

Ma dov’era Baccanalia, città dalla forma di grappolo d’uva?

Orbene, lei era nel Cilento, come tutte le città delle chimere.

Baccanalia era, infatti, nella zona costiera tra Agropoli e Castellabate, proprio vicino al mare.

Appena si arrivava, subito l’odore d’uva raggiungeva il viandante, che si trovava a percorrere un’unica via tortuosa e cedevole come una serie di ponti sollevati dal terreno.

Viadotti incredibili, assurdi cavalcavia, passerelle insensate, intelaiature d’acrobata si susseguivano formando un’unica strada contorta e avviticchiata.

A destra e a manca, sopra e sotto i passaggi, c’era un carosello di sfere: le case, le chiese, le scuole o i negozi, le bettole degli artigiani e poi, numerose, le taverne erano un rincorrersi di globi e di bocce.

Osterie, trattorie, locande, cantine e bottiglierie erano dappertutto e il rumore del tintinnare dei bicchieri, delle fiaschette, di bottiglie e bottigline, di damigiane e fiaschi da stappare raggiungeva a volte dei toni assordanti.

Tra i cin cin e i plok dell’esplosioni di bottiglie di lambiccato, le giornate trascorrevano liete a Baccanalia.

Dalla strada principale si potevano percorrere stradine più piccole, ma ugualmente sollevate dal terreno, che portavano diritte diritte agli usci e ai portoni; e poi c’erano piazze verdeggianti e morbide, vellutate, larghe e che avevano la forma dei palmi delle mani. Lì erano soliti andare i bambini per giocare con delle sfere simili a palloni, ma più trasparenti e piccoli, che talvolta esplodevano e, subito, tutti i piccoli correvano a leccare e a succhiare il succo dolce che ne fuoriusciva.

C’era anche un altro bel divertimento a Baccanalia: era lo scivolone!

Appena fuori del centro abitato, lo scivolone era un groviglio di boccoli cedevoli come riccioli di capelli, morbidi, elastici ed ondeggianti a tal punto che anche un alito di vento era sufficiente a farlo muovere.

Così i più grandi si riunivano lì e facevano vere corse nel vuoto, quelli maggiormente spericolati si lanciavano contro le onde del mare in tempesta o contro il vento invernale e restavano ore ed ore a dondolare nel vuoto e ad andare su e giù, attaccati allo scivolone.

L’ora più bella a Baccanalia era, comunque, quella del tramonto: da ogni parte, il sole basso illuminava l’insieme di sfere.

La luce entrava e faceva sfavillare le case fatte di lucida polpa e di zuccherati sughi: tutto assumeva il colore dell’oro, tutto diventava trasparente come una lampadina accesa ed ogni cosa dentro era visibile fuori, proprio come i sogni prima del risveglio, poi, a mano a mano, la luce del sole si spegneva a mare e come piccole lucine di un presepe, Baccanalia si accendeva; e gli occhi di chi l’osservava si perdevano in un susseguirsi di mille globi luminosi sorretti da ponti incredibili tra cielo e mare.

Per tutti quelli che sono stati almeno una volta a Baccanalia, ciò che resta del ricordo è il leggero senso di stordimento e di felicità malinconica.

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